Ma tu non hai paura?
Questa è la domanda che troppo spesso mi sento rivolgere. La storia che vado a raccontare può far nascere a qualcuno il sospetto che sia stata tratta da un libro di deamicisiana memoria, invece, è una storia dei giorni nostri, e di quanto incontrare il prossimo, da ovunque paese esso provenga, può insegnarci qualcosa; può dimostrare che chi viene da tanto lontano è certamente più fragile dei nostri figli, più innocente di qualsiasi azione, perché fuori appaiono neri ma dentro la loro purezza è accecante, e loro, sono quei figli che oggi ci mancano, arrivano da quella madre terra che si chiama Africa, l’unica che garantisce il futuro dell’umanità. Oggi andare incontro a chi ti tende le braccia, chi t’incrocia con lo sguardo, chi nel silenzio chiede speranza, sembra un’occasione da evitare, da averne paura. Tu non hai paura? Alla vigilia di Natale sono stato insieme con loro, qui, a pochi chilometri da Salerno, e mentre tutti erano indaffarati a preparare la tavola, all’acquisto dell’ultimo inutile regalo, allo sparo per annunciare chissà cosa, ero con cinquanta ragazzi, in rappresentanza di undici etnie diverse, davanti all’albero della vita, e ho spiegato loro cosa stesse accadendo, perché qui è festa, e così, come si fa con i bambini, ho chiesto loro di scrivere una lettera, non a Gesù Bambino o a babbo natale, ma alle loro Madri. E’ stata la scintilla che ha acceso i loro occhi, e vederli con la testa china scrivere a fatica ma con tanto impegno, è stata una di quelle emozioni difficilmente ripetibili nella vita. Tutti volevano rassicurare le loro mamme che stanno bene, che sono arrivati in un mondo incomprensibile ma sono vivi. Ecco, quanto poco c’è voluto per instaurare un rapporto di fiducia, di armonia; qualcuno si aspettava che scrivessi delle mie paure di quando sono in missione, accolto ovunque con rispetto e onore; con questo racconto voglio provare a soffiar via le paure che ogni giorno pensiamo di dover affrontare davanti casa, con questi ragazzi che “ingombrano” le nostre strade. La mia paura è un’altra, che questi giovani hanno lasciato il deserto di sabbia per ritrovarsi in un deserto ancora più pericoloso, quello dell’indifferenza, dove i pirati non vengono da un’oasi, ma scendono da auto scure, ritenendoli merce appetibile perché ingenui, perché puri. E di quanto accadrà saremo tutti responsabili. E’ aumentato il razzismo, fomentato da una sfida quotidiana mediatica, dove l’audience non consiste nell’informare l’opinione pubblica su quanto sta avvenendo nel mondo, quanto costruire una forma di pericoloso pregiudizio verso chi arriva da lontano, alimentando l’ignoranza nella gente. Se fossimo più attenti, e non preoccupati, di guardare oltre il mare, potremmo comprendere che il futuro della nostra vita avrà un corpo con i piedi nelle radici della madre di tutti noi: l’Africa.
Buon anno
Tommaso Maria Ferri