L’Africa ha voglia di vivere, di godere … è necessario fare il bene in modo ostinato
Don Luigi Mazzuccato
In Africa la Fondazione Ambrosini abbraccia la causa di medici “ostinati”, i Medici con l’Africa Cuamm, che dal 1950 operano con l’obiettivo di realizzare un progetto di sviluppo sanitario integrato con il territorio.
“Mio fratello è africano”, il grande evento promosso nel 2010
dai Medici con l’Africa Cuamm, è il valore a cui si ispira la missione della Fondazione che è iniziata a maggio 2011 con il viaggio in Etiopia del presidente Tommaso Maria Ferri insieme a Don Luigi Mazzuccato, padre cofondatore del CUAMM e a un gruppo di professionisti volontari: medici, ingegneri, docenti universitari, operatori di sviluppo e cooperazione.
Il pellegrinaggio missionario, partito dall’ospedale cattolico San Luca di Wolisso, al cui personale medico la Fondazione Ambrosini ha dedicato la Colomba della Pace e il manifesto del concorso scolastico “Rachelina e i giovani” realizzato sulla base di un disegno fatto da una bambina profuga del Darfur, è proseguito per le città di Lalibela, Axum, Gondar, Addis Abeba, fissando nel distretto di Goro, al confine con il Sud Sudan l’avvio del progetto umanitario “Parto … con te”.
Puoi partecipare alla missione con il tuo contributo, richiedendo il diario della missione umanitaria Mio fratello è Africano, “Io sono qui”: emozioni autentiche condurranno anche te nella “terra madre … culla dell’Uomo” che ha voglia di sognare e vivere, di avere i mezzi per farlo e non di essere compatita.
L’Africa è un po’ una ferita aperta nella coscienza dell’Occidente che è sicuramente distratto,
fa molta poco attenzione a quello che succede qui
Niccolò Fabi
L’Ospedale di Wolisso e la difficile realtà in cui opera
In Etiopia emblema dell’attività dei Medici con l’Africa CUAM è l’ospedale San Luca di Wolisso (capitale della South West Showa Zone), realizzato grazie ai fondi 8 x mille della CEI e gestito dalla Chiesa Cattolica Etiope.
Qui l’operato dei medici e degli studenti italiani che fanno tirocinio sul campo è di vitale importanza: la struttura ospedaliera consta di 192 posti letto ripartiti per diversi reparti (23 chirurgia, 65 pediatria, 35 medicina interna, 37 ostetricia e ginecologia, 32 ortopedia e traumatologia) e rappresenta l’unico punto di riferimento sanitario per una popolazione di un milione di persone!
Lo stato di salute della popolazione etiope è fra i peggiori del Continente.
La mortalità dei bambini, (161 su 1000 nati) e delle donne durante il parto (870 su 1000) è altissima, causata oltre che dalle malattie e da complicanze del parto, anche dall’oggettiva difficoltà di raggiungere l’ospedale, soprattutto per le comunità rurali.L’estrema povertà, l’altissimo indice di sottosviluppo rappresentano un forte condizionamento per l’accesso all’acqua, ai farmaci di base, a interventi di routine nei paesi occidentali, fondamentali per la salvezza della vita.
Esistono dei centri di salute periferici (HCs, Healt Centers), ma risultano carenti sia strutturalmente che dal punto di vista del personale medico e dei farmaci a disposizione, sebbene attualmente all’ospedale San Luca sia annessa una scuola per infermiere professioniste che qualifica 30 infermiere all’anno e si cerchi di supportare le comunità con azioni preventive di tipo vaccinale.
Manca un finanziamento adeguato che permetta di intervenire a risanare le strutture sanitarie esistenti, di assicurare maggiori punti di approvvigionamento di acqua potabile e di intensificare i corsi di formazione per infermieri e per promotori di salute da destinare alle kebelè.
Parto… con te
Qui di cosa si ha bisogno, da dove cominciare se non partire da noi stessi. Vergognarsi.
Non bisogna ripulire le nostre coscienze ma essere consapevoli che il nostro cuore è morto
Tommaso Maria Ferri
Per contribuire a coprire la distanza che separa la maggioranza della popolazione dai servizi sanitari essenziali la Fondazione Ambrosini si impegna a raccogliere i fondi necessari a sostenere i servizi sanitari materno infantili della comunità di etnia Gumus, nel distretto di Goro.
Sono diversi i gruppi etnici che vivono a Goro, e fra questi per quello dei Gumus, profughi del Darfur, l’integrazione territoriale risulta molto difficile.
Il pozzo più vicino al villaggio dista sette chilometri e non sempre i Gumus possono attingervi l’acqua né hanno il permesso di costruirne uno proprio … e dove manca l’acqua manca la vita e qualunque possibilità di far ricorso a principi igienici di base.
A Goro risulta fondamentale restaurare il vecchio distretto sanitario a partire dall’impianto idrico, assicurando acqua pulita corrente anche in un punto esterno a disposizione della comunità e poi sostenere la formazione di 50 HEWs (Health Extention Workers) da assegnare alle kebelè di Goro.
Un distretto sanitario ben funzionante, capace di elargire i suoi servizi a tutti coloro che ne necessitano, senza distinzione di etnia, risulterebbe efficace anche per la promozione dell’interculturalità.
Parti… con noi: sostieni il progetto! scarica il programma dettagliato